Associazione coinvolta
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Il patrimonio storico dell'area vesuviana
La straordinaria città archeologica di Pompei, gli scavi di Ercolano, Oplonti, quelli recenti di Somma Vesuviana, di Villa Regina a Boscoreale, Terzigno, le sfarzose Ville Settecentesche del Miglio d’Oro, le Masserie Vesuviane e i tetti a botte di Terzigno, l’Antiquarium di Boscoreale, il Mav, museo archeologico virtuale a Ercolano, le lave in mostra permanente di Creator Vesevo, lungo l’ascesa al Gran Cono, il Museo Ferroviario di Pietrarsa a Portici, là dove terminava la prima linea italiana costruita dai Borbone per far star comodi i nobili quando si trasferivano in villa, il Museo del Corallo a Torre del Greco, quello della Civiltà Contadina a Somma Vesuviana, raccontano ancora una volta di una storia di intrecci e interazioni tra l’uomo e il vulcano, che si riflette anche nei sapori, nei mestieri e nelle tradizioni di questi luoghi.
Le ville rustiche romane
Interessantissimo è il patrimonio delle villae rusticae, fattorie e ville-fattorie, nell’area dell’ager Pompeianus, il suburbio pompeiano, che costituivano gli elementi della rete produttiva operanti nel I sec. d.C. alle pendici del Vesuvio e nella vicina piana del fiume Sarno. Nel territorio di Boscoreale, in particolare, gli scavi archeologici, tra la fine dell’Ottocento ed i primi decenni del Novecento, hanno portato alla luce numerose strutture, come Villa della Pisanella, successivamente reinterrati. Esse hanno consentito la scoperta ed il recupero di decorazioni parietali e pavimentali e di oggetti di valore, oggi nelle collezioni, tra le altre, del Museo Nazionale di Napoli, del Louvre di Parigi, del Metropolitan Museum di New York.
Il vulcano e l'uomo
La storia del legame che unisce l’uomo al fuoco racconta l’epopea di un avvicinamento che si svolge lungo due linee che più volte si intersecano, si allontanano, si trovano unite si dividono nuovamente. Storia di avvicinamento e distanza, distanza prima presa poi revocata, all’inizio immensa, che si riduce e si allarga di nuovo in un’unione fuoco/uomo imperfetta, senza possibilità di vicinanza reale. Le prime presenze attestate dell’uomo nell’area vesuviana risalgono circa al terzo millennio a.C.: si tratta dunque di un territorio fortemente e lungamente antropizzato, sfruttato per la grande fertilità della sua terra e per le opportunità che questo offriva.
I terreni lavici ricolonizzati e ristabiliti hanno costituito, e costituiscono tuttora, ottimi suoli per le coltivazioni, il pascolo ed altre attività legate alla produzione agricola e forestale (produzione di legna, raccolta di prodotti del sottobosco ecc.). Tuttavia l’attività dell’uomo è stata ancor più invadente attraverso la pratica dell’incendio, la realizzazione di rimboschimenti con specie non originarie dell’area e, soprattutto, attraverso il processo di urbanizzazione, che si è spinto fino alle falde del vulcano, ed oltre, in modo talvolta indiscriminato. Tutti questi elementi hanno profondamente trasformato il territorio, con un forte impatto sugli ecosistemi che caratterizzano il complesso vulcanico.
L’istituzione del Parco Nazionale del Vesuvio ha oggi posto un freno all’abusivismo e all’espansione urbana incontrollata, ed ha avviato processi di controllo e ripristino dell’ambiente, nel tentativo affatto vano di restituire un patrimonio naturale incalcolabile al proprio destino e di sottrarlo all’influenza dell’uomo.
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